Circa una settimana fa, su un forum, il mio amico Antonio chiedeva le prime impressioni di chi avesse già letto Circle of Hands di Ron Edwards. La mia risposta ha finito per essere quasi una recensione (del volume; non del gioco, che non ho giocato): eccola.
Interessante, stimolante alla lettura sotto molti aspetti, difficile
(o almeno, mi fa l'impressione di un gioco difficile da portare al
tavolo e da imparare, principalmente per via di come è fatto il
manuale).
Si tratta di un volume di 220 pagine, di cui - tolte varie appendici
anche interessanti e piacevoli - 160 circa sono l'effettivo manuale del
gioco. Per i miei standard odierni, troppe! E lo dico in senso pratico:
io ci ho messo giorni a leggerlo per intero, e il manuale tende a
presumere che più persone nel gruppo l'abbiano letto, anzi,
studiato con attenzione: perciò è chiaro che prima di poter cominciare a giocare la cosa deve essere programmata con largo anticipo. :(
In un certo senso, il gioco è un aggiornamento di un design
"giovanile" di Edwards degli anni Novanta (il cui manoscritto integrale è
presentato fra le appendici) per un gioco "fantasy". Dell'originale
mantiene più o meno (a prima vista anche molto da vicino, poi ci sono
variazioni sottili) quelle che io tendo a chiamare "le rotelle piccole":
tiri di dadi, punteggi e simili meccanismi. In tono con questo
retaggio, il manuale comprende cose come liste di incantesimi e un
bestiario…
In realtà sono state rifatte (o, meglio dire, fatte da zero, dato che
queste cose negli anni Novanta non si mettevano per iscritto) le
"rotelle grandi": le macrostrutture di gestione della "campagna" e
preparazione per la sessione (in inglese "venture"), le indicazioni
tematiche e contenutistiche, tutto ciò che effettivamente dà al gioco un
indirizzo preciso. Si tratta di un gioco inquadrabile, a parer mio,
nella grande "famiglia" di
Trollbabe: il GM prepara ogni volta
una nuova location in cui esistono delle situazioni di conflitto fra PNG
e il gioco consiste nella "collisione" fra i PG (estranei alla vicenda)
e il materiale preparato. I PG sono, all'inizio della prima sessione,
tratteggiati in maniera abbastanza schematica, perché è nel proseguire
del gioco che acquistano maggiore consistenza (attraverso le loro scelte
morali, tiene a specificare Edwards), e in definitiva questa "creazione
dei personaggi" protratta nel tempo
è il fine del gioco.
All'interno di questa famiglia di giochi, CoH presenta elementi
specifici di forte originalità, in particolare il pool di PG (dovrei
chiamarlo cerchia): nella prima sessione ciascun giocatore, compreso il
GM, crea autonomamente 2 cavalieri, e dalla cerchia di protagonisti così
costituita ciascun giocatore sceglierà di volta in volta quale giocare,
con l'unico limite di non poter scegliere lo stesso PG due volte di
seguito. Questo punta a de-enfatizzare la corrispondenza
giocatore-personaggio e far acquistare ai cavalieri un protagonismo
anche maggiore, man mano che un personaggio "preferito" passa da un
giocatore all'altro con la propria storia di scelte passate. Un altro
effetto della cerchia di PG è permettere la morte come esito di un
conflitto (la storia di quel singolo personaggio finisce, senza "danni" a
lungo termine per i giocatori): cosa che, nella visione di Edwards,
permette di dare maggior peso alle scelte fatte durante il gioco.
La creazione
iniziale dei personaggi, comunque, ha una forte
componente casuale. A occhio, questa impatta per almeno il 50%. Ciò
valga come avvertimento: non è consentito dalle regole del gioco
arrivare alla prima sessione con un "concept" di personaggio da
sviluppare; il compito del giocatore è piuttosto "leggere" una
personalità in un set casuale di numeri (che determinano anche fattori
come la regione di nascita, l'atteggiamento o i segni particolari) e
stabilire
perché questo particolare individuo si sia unito alla
cerchia dei cavalieri-maghi di Rolke. L'enfasi, come già detto, è tutta
su come i PG diventeranno - o sulle personalità che riveleranno -
mediante le scelte che i giocatori faranno per loro durante le
"venture".
Una forte casualità è prevista anche nel lavoro di preparazione del
GM: questi infatti prepara da 1 a 3 "fronti" (per usare un termine di
AW), ma è un tiro di dadi a dirgli quanti e di che tipo. Compito del GM è
sviluppare questi semi in una situazione con alcuni PNG, ma
senza esagerare
(in uno di molti modi in cui sarebbe possibile "esagerare", su cui il
manuale si dilunga parecchio). Mi pare un compito abbastanza
interessante, paragonabile a creare la città in DitV, ma
intenzionalmente meno organico, e penso proprio per questo
potenzialmente più semplice e veloce: pronostico in 30 minuti il tempo
medio di preparazione di una "venture", tutto compreso.
Al GM si richiede in particolare una rigorosa disciplina di non
ingerenza: una volta preparati i materiali per la "venture" secondo le
istruzioni, deve giocare tutti i PNG come personaggi e, in aggiunta a
questo, inquadrare le scene secondo necessità con un occhio di riguardo
ai "cross" - gli incroci coincidentali fra le vicende simultaneamente in
corso. Deve astenersi dal prendere qualsiasi altra decisione che non
sia giocare i propri personaggi come tali, dal tentare di dettare il
ritmo della sessione, ecc. Per il mio gusto, quello del GM in CoH sembra
un gran bel ruolo, in linea con quello del Maestro di Cerimonie in AW
ma più leggero, con un minor numero di compiti.
Il manuale suggerisce invece che non spetti al GM stesso il compito
di "esperto del sistema", in particolare nei combattimenti, ma che sia
un altro giocatore a farsene carico. Purtroppo, un esperto del sistema
serve eccome! La cosa che più mi spaventa in CoH è che il suo retaggio
da gioco statunitense degli anni Novanta porta a meccaniche con un
numero per me eccessivo di parti mobili, punteggi variabili e dettagli
da ricordare. Il manuale da questo punto di vista è mal organizzato
(sarebbe stato di grande aiuto un indice analitico! e magari anche un
po' di accessori da stampare a parte la scheda del PG) e il rischio è
che le prime sessioni si risolvano in un continuo sfogliare alla ricerca
della regola per il caso particolare, salvo dimenticarne comunque la
metà quando in retrospettiva sarebbe stato importante. Per esempio, temo
che non mi azzarderei a giocare senza prima prepararmi uno schema a
parte con tutti i casi particolari in cui un PG tira in svantaggio (con
1d6 invece che 2d6).
Pavento in particolare la risoluzione dei combattimenti, per la
durata in tempo reale che potrebbe avere al tavolo. Le meccaniche sono
raffinatissime… per un gioco degli anni Novanta, ma il loro retaggio si
sente. Il sistema di iniziativa, per esempio, è intrigante e
sofisticatissimo, con l'opzione di spendere punti di Brawn (all'atto
pratico, PF nonché punti magia) per agire prima degli avversari, la
dichiarazione dell'intento successivo inclusa nella risoluzione per dare
un senso di simultaneità e il concetto del "cerchio" per tener traccia
del continuo spostamento dell'ordine d'azione. Tuttavia, nell'anno 2015,
ho davvero bisogno di un "sistema di iniziativa"? Di risolvere una
scena di combattimento tirando dadi, facendo calcoli e aggiornando
punteggi
per ogni maledetto scambio di colpi? Per come è
concepito questo gioco, purtroppo, sì, perché round dopo round, in
relazione alle ferite subite, si presenta anche la scelta di utilizzare
la magia, che è contemporaneamente tattica e morale (su questo tornerò)…
…Ma questo significa anche che, in soldoni,
io non giocherò questo gioco.
Non con il mio "gruppo" attuale, comunque, che ha come nocciolo il
terzetto io, Barbara e Alessio, perché già ci siamo annoiati quasi a
morte quando nel corso della nostra (altrimenti emozionantissima) saga
di
Sorcerer ambientata a Firenze ci siamo trovati,
fortunatamente per due sole volte, a dover risolvere due scene di
"combattimento" con numerosi PG, PNG e/o demoni coinvolti.
L'ambientazione di CoH si compone di due elementi che interagiscono: il substrato pseudo-storico e la presenza della magia.
La magia è definita come una forza aliena e disumanizzante. Nello
specifico sono presentate due fazioni o forse forze cosmiche in
conflitto, la magia nera e quella bianca, che possono ricordare lo
scontro fra la "legge" e il "caos" nella concezione originale di
Moorcock (per chi ha letto la saga di Elric): una delle due fazioni è
forse più apprezzata dal PNG medio (la magia bianca può guarire da
ferite e malattie) ed entrambe hanno convinti seguaci con un certo
potere politico su scala locale, ma in ultima analisi sono due forze
ugualmente terribili e distruttive per l'umanità. Questo approccio
imprime all'ambientazione di CoH una piega "horror", in senso lato, che
si riconferma anche in come sono trattate le varie creature nel
bestiario: come elementi di trama, ciascuna con una scaletta per la
tipica escalation della sua interazione con una comunità umana.
Ciò che comunque porta la magia in tutte le sessioni, anche quando
non "risultano" maghi PNG o mostri dalla preparazione, è la presenza dei
PG stessi. Il Circolo di cui fanno parte, infatti, è definito
nell'ambientazione proprio dalla caratteristica unica di utilizzare sia
la magia nera, sia la magia bianca. Questo perché il nuovo Re a cui
ubbidiscono (una figura che, per esplicita indicazione di Edwards, deve
rimanere sempre sullo sfondo e mai essere portata in scena) considera
entrambe le fazioni di maghi come dei nemici, ma - a differenza per
esempio della religione popolare, che nell'ambientazione insegna a
diffidare della magia - ha deciso di sconfiggerle nel loro stesso gioco,
impiegando opportunisticamente i poteri della magia bianca e nera uno
contro l'altro per distruggerle entrambe! Di conseguenza, i PG con un
background come "maghi" sono presumibilmente gli individui più potenti
dell'ambientazione, avendo accesso all'intera lista degli incantesimi —
tutti i PG hanno comunque la capacità di utilizzare alcuni incantesimi
di entrambe le discipline.
I PG sono invitati ad utilizzare la magia in maniera tattica,
fregandosene delle "filosofie" dei maghi PNG che sono, in definitiva, i
loro nemici designati. Ogni volta che usano gli incantesimi accumulano
però punti di colore bianco o nero: eccedere in una direzione o
nell'altra porta ad acquisire potenti "doni" magici, ma anche a subire
sgradevoli trasformazioni fisiche e infine a "trascendere" l'umanità per
diventare qualcosa di mostruoso. Solo bilanciando strategicamente l'uso
di incantesimi bianchi e neri, i PG possono continuare a lungo a
camminare sul filo del rasoio, mantenendosi umani o, almeno, in possesso
del proprio libero arbitrio (a seconda di come gioca coi punti, a lungo
termine, un PG potrebbe anche trasformarsi in una potentissima
abominazione a malapena umana con caratteristiche sia "infernali" sia
"celestiali").
Tutto questo tema della magia disumanizzante, fonte di potere e causa di orrore, rende quasi obbligato un confronto con
Sorcerer… Che, per il momento, mi sembra rimanga il gioco superiore, da questo punto di vista. Principalmente perché in
Sorcerer
è il gruppo di gioco a definire l'umanità e l'esatto senso in cui i
demoni sono aberranti, mentre in CoH gli estremi della magia bianca e
nera sono già descritti da Edwards, ritagliando una definizione
implicita di umanità "preconfezionata" dall'autore. Il tutto mi risulta
comunque abbastanza intrigante, ma non spero che possa raggiungere le
stesse vette di viscerale e personale del suo primo gioco.
A completare la definizione di "umanità" c'è la società
pseudo-storica delle Crescent Lands, descritta con una certa dovizia di
dettagli. Da un lato credo che questo sia l'aspetto più attraente di
tutto il gioco, ed anche il punto di maggior rottura con le convenzioni
inveterate dei gdr fantasy (quel che io chiamo "western con le spade")…
Ron parla di una società "dell'età del ferro", o "pre-medievale";
considerate le sue fonti dichiarate (anglo-sassoni e popolazioni
baltiche pre-cristiane) io troverei più corretto parlare di "alto
medioevo" in regioni periferiche dell'Europa settentrionale, lontane dai
grandi imperi, ma tant'è. Comunque, parliamo di una civiltà realmente
priva di ogni pretesa d'autorità centrale e, soprattutto, di un'economia
che non vede la circolazione di alcuna valuta monetaria o equivalente.
Si tratta di qualcosa di così radicalmente diverso da ogni realtà
socioeconomica plausibilmente nota ai giocatori (salvo specialisti) che,
anche quando ci sono le buone intenzioni, non ho mai visto raffigurare
al tavolo con successo un'ambientazione simile. E infatti quel che mi
piace è che il manuale fornisce alcuni buoni strumenti per riuscire
nell'impresa! In particolare, il mio passaggio preferito è la
spiegazione dettagliata di com'è viaggiare da un luogo all'altro in
questa società, e di che cosa significa in pratica essere ospitati in
una comunità: spiegazione che si traduce in indicazioni molto concrete
su come inquadrare le prime scene di una "venture", in base allo strato
sociale dei PG. In questo modo, ci sono le basi per portare le
peculiarità dell'ambientazione in gioco.
Purtroppo, e nonostante questa perla, temo che l'impresa sia comunque
troppo ambiziosa. L'ambientazione è descritta per pagine e pagine in
elevato dettaglio, con elementi che - come per le regole - appaiono qua e
là anche in contesti inaspettati. Qualche dettaglio sulle armi o sulla
guerra che si nasconde in mezzo alle regole del combattimento, forse, o
la presenza di animali addomesticati molto strani in alcune regioni,
menzionata solo nella sezione "mostri" del bestiario… Nel complesso, una
conoscenza completa dei vari aspetti per poterli effettivamente
utilizzare al tavolo richiederebbe a tutto il gruppo la lettura completa
del manuale (cosa che, in vita mia, non ho mai visto accadere - forse
gioco con persone che hanno troppi altri hobby oltre questo?); in
mancanza di ciò, qualcuno si ritroverà a fare "l'esperto
dell'ambientazione", tediando tutti (e probabilmente con conflitto di
interessi se questa persona è il GM). L'alternativa è che la maggior
parte di queste informazioni di ambientazione vengano semplicemente
ignorate, col rischio di andare a perdere quella che potenzialmente
sarebbe una delle maggior peculiarità e ricchezze del gioco. Del resto
il manuale consiglia che tutti abbiano letto le due o tre pagine di
carrellata iniziale su regole ed ambientazione assieme, e che questo
possa bastare… E probabilmente può, nel senso che si potrebbe trattare
dei temi centrali del gioco anche in un'ambientazione pseudo-storica
diversa, o in quella che il gruppo inevitabilmente si costruirà da solo a
partire da quella manciata di suggestioni iniziali. Ma allora, perché
investire decine di pagine nel parlare di dettagli che non verranno
usati?
Insomma, alla fine questo gioco ripropone quello che - almeno nella
mia esperienza personale - è l'annoso problema di tutti i gdr con
"ambientazione originale e dettagliata": come portare questa
ambientazione effettivamente nel gioco? E non riesce a risolverlo, forse
neppure ci prova, riproponendo le stesse non-soluzioni che si sono
sempre viste: tante pagine da leggere, ma consigli pratici per
utilizzarne in maniera reale solo alcuni stralci. Di quella parte,
geniale, sull'ospitalità e l'essere stranieri in una comunità locale
farò sicuramente tesoro — per utilizzarla in altri giochi con
ambientazioni alto-medievali, come per esempio
Sagas of the Icelanders. Ma non riuscirò mai ad interessare qualcuno del mio gruppo a
studiarsi
un'ambientazione, per quanto interessante e ricca di spunti geniali,
per poter giocare a un gioco, né tantomeno a sopportarne il mio
"spiegone" riassuntivo modello conferenza (lo dico per esperienza: ci
siamo già scottati con l'ambientazione - interessantissima e in
definitiva completamente inutile - di
Human Contact, che infatti fu riposto con sconforto sullo scaffale per tornare a giocare a
Shock "liscio", dove tutta l'ambientazione necessaria la si crea assieme in max. 15 minuti). Peccato!
Del resto, tutto il manuale pecca - per come la vedo io - di stile e
di linearità dell'esposizione. Come ho già detto e ribadito, le
informazioni di tutti i tipi sono organizzate secondo una logica non
sempre intuitiva, senza un indice che permetta di ritrovarle
all'occorrenza. Ci sono continue polemiche ed invettive su come non si
deve giocare, o su come un ipotetico lettore proveniente da altri giochi
potrebbe erroneamente credere di dover giocare, che solo raramente
aggiungono davvero chiarezza su qual è invece il modo "giusto" di
giocare a CoH. Diciamo che l'obiettivo del testo sembra essere
principalmente quello di comunicare la "visione" artistica dell'autore, e
in questo probabilmente ha successo, ma in quanto
manuale lo
trovo debole sia come testo di riferimento, sia come testo di
insegnamento. Niente di paragonabile alla linearità e alla chiarezza
degli scritti recenti di Baker, Lehman, Morningstar, Mcdaldno, ecc., che
ti dicono punto per punto come allestire il gioco e come giocare. Qui
si ha più l'impressione che per
imparare a giocare a CoH tu debba
studiare: rileggere questo volume (che fa poco sforzo per
insegnartelo)
sottolineando e prendendo appunti, crearti da te i tuoi handout (anche
se debbo spezzare una lancia a favore della scheda del PG, che sembra un
ausilio efficiente alla creazione del personaggio, con elencate la
maggior parte delle informazioni salienti) ed infine sperimentare.
Quindi: interessante, ma faticoso. Forse troppo, e non sono del tutto
convinto che nel mio caso, col mio gruppo, ne valga davvero la pena.