Saturday, December 26, 2009
Primogenitus ex mortuis
Thursday, December 17, 2009
Perché non mi piace dire "New Wave"
Mi rifiuto di parlare di "New Wave"...
Gli automatismi del discorso ci faranno sempre immaginare due insiemi contrapposti come equivalenti, e così ghettizzandoci da noi stessi dentro un'espressione come "New Wave" siamo proprio noi a creare una "old wave", una fazione del "gioco tradizionale", investendola di una dignità cui razionalmente non avrebbe diritto: di fronte a un singolo e tracotante gioco che dovremmo, non dico lasciare sulla strada, ma incorniciare serenamente in un museo della nostra storia passata attendendo che sia abbastanza invecchiato da poterlo, forse, prendere in considerazione solo per un fugace e raro atto di retro-gaming... di fronte al vecchiume di cui siamo stati schiavi e di cui dovremmo essere stanchi, noi invece legittimiamo una fazione di disinformati, di polemici, di giocatori soltanto di nome ad autoproclamarsi nostri eguali e opposti, e trascinare quindi all'infinito un "dialogo" attorno al nulla. Dove invece non c'è dialettica possibile, se una delle "fazioni" coincide con il "quasi tutto" mentre l'altra incarna il "pressoché niente", la più desolata e desolante assenza di contenuti (fosse anche di un vuoto maieutico e stimolante).
"Ma quale niù ueiv", dovremmo dire: "noi ci interessiamo ai giochi di ruolo. E voi, invece, chi cazzo siete? Nessuno."
Somiglia, fin troppo, a un qualsiasi presunto "discorso" politico tra "destra" e "sinistra", anzi, tra "conservatori" e "progressisti". Perché "progressisti" dovrebbe significare: sostenitori dei diritti umani, contrari alle discriminazioni, laici, scientifici, razionali, ecologisti... una sorta di summa di tutti i possibili valori positivi, roba che osteggiarli, essere contro, dovrebbe esser visto come un crimine contro l'umanità. E invece, tutto questo viene chiamato "sinistra": come a dire che le simmetriche posizioni oscurantiste, demagogiche, irrazionali, poliziesche, utilitaristiche e personaliste, lobbistiche, hanno una eguale dignità come "destra". Ma il delirio di questo non-ragionamento abbiamo ben poca difficoltà a ignorarlo, a dimenticarlo di proposito, visto che il "discorso" politico noi siamo soliti farlo solo per negazioni: compare un giorno un signore che dice "votate per me perché non sono di sinistra" e vediamo allora la nostra presunta "sinistra" ridurre la propria identità politica al "noi siamo anti-Berlusconiani". Ed ecco che ogni possibilità di un discorso politico è stata ridotta a lanciarsi slogan ed epiteti tra curva e curva di uno stadio, con al centro la faccia e il nome di una singola persona (che non costituiscono certo un oggetto politico!), insomma a un non-dialogo attorno al puro niente.
Lo stesso accade nel discorso internettiano italiano attorno al gdr: si dice "New Wave" e si appiattisce tutto ciò che c'è di buono e di giusto, anzi, ogni possibile contenuto all'interno del semplice "non essere Parpuzio"... e così siamo proprio noi a costruire a questo nano nietzschiano, "Parpuzio", i tacchi rialzati su cui elevarsi come un gigante di cartapesta a minacciare da eguale a eguale il tutto, soffocando ogni potenziale dialogo col suono infantile del suo organetto.
Wednesday, November 25, 2009
Un semplice componimento paesaggistico
Wednesday, November 4, 2009
Polaris con ghiaccio (ricetta)
- Acqua,
- caffè in grani,
- cardamomo in baccelli,
- rum ambrato (sui 3 anni d'invecchiamento)
- e ghiaccio.
Il cardamomo è una spezia largamente usata nella cucina dei paesi arabi e indiana, ma molto poco conosciuta in Italia; i baccelli essiccati possono essere acquistati in alcuni negozi di alimenti orientali e il loro utilizzo più semplice e pratico è aggiungerli al tè (puliteli nel modo che descrivo di seguito e bollite i granuli nell'acqua con la quale preparerete un semplice tè all'inglese).
La parte da utilizzare sono i granuli neri contenuti all'interno, e l'operazione di pulizia è in effetti un po' laboriosa. Aprendo a mano i piccoli baccelli, uno a uno, generalmente vi si troverà dentro quello che appare come un unico blocco nero e rugoso. In realtà, il frutto fresco sarebbe pieno di una gelatina lattiginosa, la quale asciugandosi ha però formato come una pellicola di colla secca che lega assieme i semi. Occorre perciò sgranare i semi dividendoli a mano (si noterà la gelatina secca cadere via nella forma di piccoli fiocchi bianchi), perché altrimenti la pellicola, quasi impermeabile, tratterrebbe la maggior parte dell'aroma nonostante la bollitura in acqua.
Tuesday, October 20, 2009
Polaris: finalmente le stelle
Tuesday, October 13, 2009
Cadranno i pilastri del cielo
Wednesday, September 16, 2009
First playtesting! OMG!
- Both Nicola and Lorenzo said they enjoyed the game.
- The fundamental concept of the game is indeed viable.
- The basic structure of it appears to hold water (ah-ah!).
- The game sort of automatically generates actual play reports. I didn't think of it, so kudos to Nicola for pointing this out.
- Intelligent apes with jedi swords. No kidding. And ancient table forks.
- Too long! I was aiming for 3 hrs or less, but hadn't we improptu cut it short by arbitrarily removing a round of Charts from Open Sea mid-game, it would have lasted 4 hrs or more.
- Too exhausting! My brain still haches from the effort of keeping all the pieces of information together. Two hours and a half into the game, I had an expression of pain on my face and was longing for it to end... I was almost crying for sweet, sweet release! (Luckily, my friends disagree with me, or so they say. Is this a game for murder mistery enthusiasts, maybe?)
- My math sucks! All of the dice rolls were piece-of-cake, with base numbers no lower than twice the target numbers. Not a single player marked any Xs on his character sheet in the whole game.
- Too much writing, and too much time spent writing. The worst is, I still can't think of a workaround.
- There are a few grey areas in the mechanics, in dire need of clarification or - you know - to actually be designed. No big deal: this is what playtesting is for.
- Each player only prepares 3 "Charts" (one per type, period). You still discard one per type before starting the game, so you're going to have a total of 6 in play (instead of 9).
- The Tangle Rating only increases by 1 per 4 scenes played (as opposed to 3). It does not further increase with Acts concluding (which was a mess anyway): just count scenes.
Monday, September 14, 2009
Intrigue onboard the Fleur-de-lis
Il mattino del 13 settembre 2009 maturai l'asettico sospetto che il futurismo fosse morto, d'inedia.
Sunday, September 13, 2009
All I need to know I learned from Edgar Allan Poe
Thursday, September 10, 2009
Getting closer to having an entry to brag about
- a draft of the rules.
- nail down the (historical and geographical) setting, down to naming the three main characters;
- write a deck of random encounter cards;
- playtesting.
Wednesday, September 2, 2009
Un sogno che ho fatto la notte scorsa
Tuesday, September 1, 2009
18 sillabe
Momiji di plasticanel ferro d'una rete di cantiere.Rafu
Monday, August 31, 2009
Be obvious: your first idea is the best one (and much more so as the clock is running fast)
Tagging in to Game Chef 2009
Saturday, August 15, 2009
The underdog shall inherit the earth
This post powered by PC-BSD, a n00b-friendly FreeBSD distribution.
Con molti ringraziamenti a Lapo Luchini per la sua costante e inestimabile consulenza.
Tuesday, June 30, 2009
Un incubo organizzativo
Friday, May 29, 2009
Words of perfect wisdom
Thursday, May 28, 2009
Ma com'era poi andato a finire il Lil' Game Chef?
Sunday, May 3, 2009
In a Wicked Age... oracoli in italiano, stampabili
La pressione a sentirsi "autore"
Wednesday, April 22, 2009
Quartina
Il vento bello che schiaffeggia e strappadei fiori fa un tappeto ch'io calpesto,e vivo preme un bacio sulle labbrache mi rammenta i morti al tempo stesso.Rafu
Saturday, April 18, 2009
Di competizione in competizione!
Sunday, April 12, 2009
In memoria dei nostri morti
sebbene non saremo gli stessi
sempre ci rincontreremo.
Wednesday, April 1, 2009
Little Game Chef: EPIC FAIL
Saturday, March 28, 2009
Little Game Chef: aggiornamento
Friday, March 20, 2009
Little Game Chef 2009
Monday, March 9, 2009
"Il Sogno" è morto. Viva "L'Orgasmo".
Il sonno agitato nel quale sognai Adolf Hitler
Di norma non dovrei essere particolarmente preoccupato per il destino di Adolf Hitler, se non fosse che ho in corso una campagna la cui ambientazione è riassumibile in "eroi pulp della II Guerra Mondiale con modesti super-poteri contro la minaccia nazista", utilizzando il Solar System di Clinton Nixon/Eero Tuovinen, e ne sono Story Guide (corrispettivo del master).
...e improvvisamente, nel bel mezzo dell'incubo, mi rendo conto che nel Solar System non ho il potere di salvare la pelle al PNG "Hitler" se i giocatori sono seriamente determinati ad ammazzarlo!
Thursday, March 5, 2009
Il teatro delle ombre e il perché di quell'immagine là in alto
Quelli che seguono sono due estratti dal volume di Giovanni Azzaroni Società e teatro a Bali (CLUEB, Bologna 1994), e più precisamente dal capitolo che tratta dello wayang kulit, il "teatro delle ombre", particolarmente sviluppato e di grandissima rilevanza culturale nelle isole di Giava e di Bali.
Il primo brano descrive l'allestimento scenico dello wayang giavanese (il più volte menzionato dalang è il principale interprete dello spettacolo, colui che in italiano potremmo chiamare il "burattinaio"):
L’equipaggiamento scenico è costituito da un largo telo di cotone bianco incorniciato (kelir), che rappresenta il background sul quale si stagliano le ombre, con i bordi superiore e inferiore ben tesi e di stoffa rossa. La lampada a olio di cocco (blencong), che tradizionalmente illumina lo schermo, è di bronzo, a forma di Garuda o di aquila, con le ali parzialmente distese; un piccolo stoppino, inserito anteriormente sul beccuccio, produce una fiammella gialla alta dai dieci ai quindici centimetri: l’ondeggiare e il muoversi della fiamma pare insufflare la vita alle ombre. In anni recenti la magia evocata dalla lampada a olio è stata spazzata via dall’adozione di fredde lampade a gas o di lampadine elettriche. Le sorgenti luminose sono appese a una distanza di quaranta centimetri dallo schermo, leggermente al di sopra della testa del dalang. Poichè nel corso di azioni particolari, ad esempio una corsa, non tutte le parti componenti le figure di cuoio possono essere mostrate con soddisfacenti esiti tecnici si preferisce privilegiare, in questi casi, le parti principali della figura, ad esempio il volto, trascurando le altre. Gli spettatori che siedono dalla parte del dalang vedono le figure di cuoio, mentre per coloro che si trovano dalla parte opposta sono visibili esclusivamente le ombre, cosicché il dalang, le figure e l’orchestra possono essere osservati. Sino a un centinaio di anni fa il pubblico era diviso per sesso: gli uomini dalla parte del dalang, le donne dall’altra parte; questa separatezza non è ora osservata, nonostante la religione mussulmana caldeggi la divisione dei sessi durante gli spettacoli pubblici. Attualmente la maggior parte degli spettatori trova posto dalla parte del dalang; gli appassionati e gli addetti ai lavori preferiscono recarsi dal lato opposto per non essere distratti nella visione del mutevole mondo del wayang dal rumore e dall’animazione della messa in scena. Il dalang siede su una piattaforma di tronchi di banano (debok o gedebok), fissati su due livelli al di sotto dello schermo: il più alto è unito all’intelaiatura dello schermo, il più basso è aggettante per venti-venticinque metri. La pedana superiore si estende, oltre la larghezza dello schermo, per circa quattro metri e mezzo in ogni direzione. Dietro al dalang i musicisti (nijaga), con gli strumenti del gamelan (da dieci a venti), siedono in modo da formare un ferro di cavallo, al centro del quale trovano posto una o due cantanti (pesinden). Due batacchi di legno (cempala), tenuti con la mano sinistra e battuti contro la cassa (kotak) nella quale è riposta una serie di figure, poste alla sinistra del dalang, e quattro o cinque piatti di metallo appesi (kepjak oppure keprak oppure kecrek) sono adoperati dal dalang per produrre effetti sonori.
Così M. A. Sunardjo Haditjaroko descrive la preparazione dello spettacolo:
«La sera della rappresentazione del wayang è alla fine arrivata. Nel buio gli insetti hanno già iniziato a volare attorno alla tremolante fiamma di una lampada a olio. che getta la sua luce abbagliante sul grande schermo bianco della scena. Nella parte inferiore dello schermo di stoffa le splendide figure di cuoio sono ordinatamente messe a posto: i corpi tenuti fermi da un bastone sono saldamente conficcati in un tronco di banano, posti al di sotto del sipario. Nella parte destra si trovano i personaggi buoni, in quella sinistra i malvagi. Lo spazio tra questi, circa un metro e ottanta centimetri, rappresenta la scena. Qui le figure prendono vita, come veri esseri umani, faranno del proprio meglio per percorrere il sentiero infinito dell’umana felicità. Gli strumenti musicali, circa quindici, sono messi davanti allo schermo. Sono ora le otto e trenta della sera. Uno dopo l’altro i musicisti prendono posto. Il leader del gruppo, il suonatore di tamburo, batte alcuni colpi di prova con le dita. Gli altri membri dell’orchestra seguono il suo esempio. Una dolce combinazione di suoni differenti riempie la stanza. Ma presto il suono improvvisamente si arresta. Moltissimi spettatori si stanno recando allo spettacolo. Alcuni vengono da lontano, impazienti di vedere il wayang. Poiché si rappresenta il teatro delle ombre, il posto migliore per vedere è naturalmente la parte buia dello schermo, riservata alle donne e alle ragazze. Gli uomini e i ragazzi guardano dai posti situati dalla stessa parte dello schermo illuminato dalla lampada. È vero, essi guardano le figure di cuoio senza vedere le ombre, ma osservano le bellissime figure, ne seguono i movimenti e osservano le impugnature degli strumenti e i trucchi.
Alle nove meno cinque minuti il dalang riunisce la compagnia. Prende posto di fronte allo schermo, a destra sotto la lampada, con i musicisti dietro. Come chiunque altro siede con le gambe incrociate. Poi inizia a bruciare incenso in un fornello di argilla aperto al fine di invocare il favore delle anime dei suoi antenati, degli spiriti e degli dei: chiede di essere dotato della necessaria pazienza, chiarezza di pensiero, agilità di mente in ogni occasione, facilità di lingua, poiché gli errori produrrebbero commistioni tra le voci dei personaggi maschili e femminili, inclusi personali manierismi, e una non corretta imitazione delle voci degli uccelli e degli animali della foresta nuocerebbe al suo prestigio.
Quindi, egli procura che le offerte sacrificali allontanino le interferenze degli spiriti presenti: un giovane gallo, fiori, riso cotto con cibi speziati.
Finalmente varia la posizione del piede destro in modo che le dita tocchino proprio il kechret o kepyak…
Il punto su cui mi interessa richiamare l'attenzione è, in verità, solo uno. Per coglierlo, però, chiedo al lettore di interpretare alcuni dettagli dei brani che ho proposto con una certa dose di malizia, non fermandosi a quella che per il moderno lettore occidentale sarebbe la superficie più ovvia delle parole.
Soprattutto l'autore citato da Azzaroni nel secondo brano pecca, a mio avviso, di moderno sentimentalismo... mentre io non sono affatto convinto che la società tradizionale abbia mai riservato "alle donne e alle ragazze" i posti migliori da cui assistere allo spettacolo. Sono convinto, se mai, che fossero riservati a questa parte del pubblico i posti ritenuti più adatti a spettatori più semplici e più sempliciotti, spettatori di minor discernimento - mentre "uomini e ragazzi", ne sono convinto, andavano e ancora vanno ben fieri di sedere dalla parte "degli addetti ai lavori": dalla parte dello schermo che è riservata a chi capisce.
Non a caso infatti a Giava, in barba alla segregazione dei sessi, tutti quanti vogliono sedere alle spalle del dalang, invece che davanti allo schermo... Tanto che qualche mezzo asociale, con sensibilità moderna, si è autoimposto di sedere davanti allo schermo (come i bambini, dico io!) pur di sottrarsi alla calca. Ebbene, evitando di confinarci in un gioco mentale di peggio-è-meglio e meglio-è-peggio, fin troppo facile alla nostra sensibilità contemporanea, o di partire per la tangente denunciando il popolo bove perché non arriviamo all'uva (niente di così moderno, in fondo), io infine ti domando, mio paziente lettore:
QUALE LATO DELLO SCHERMO È IL MIGLIORE?
Wednesday, March 4, 2009
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EDIT al 28 luglio 2010: no, ora non più.